Quanti ricordi riaffiorano, guardando questa fotografia!
Sono portato a pensare che gli anni della scuola elementare – qui ormai ero in quinta – siano stati sereni, spensierati, belli. Sicuramente ci saranno state anche preoccupazioni, problemi da risolvere che però con il passare del tempo sono svaniti; rimane invece ben vivo nella mente il clima di amicizia che caratterizzava quel periodo.
Perchè “scuola” non era solo lo stare in classe, lo studiare, il fare i compiti, ma era molto più importante lo stare insieme. Io abitavo alla fine di Via Valdarello, ma fatti pochi passi incontravo già altri compagni, altri amici che uscivano dalle loro case e a mano a mano il gruppo cresceva, si approfittava del percorso per raccontarsi le novità, le esperienze, i segreti; per rincorresi; magari anche per litigare, ma si faceva subito pace.
A volte il tragitto era più faticoso per colpa della pioggia, della neve o del gelo, ma anche in quel caso si trovava il modo di divertirsi: scontri mimati con gli ombrelli, belle gare scivolando sul ghiaccio o sfide a palle di neve!
In ogni caso, sia che splendesse il sole o che diluviasse, si andava e si ritornava due volte al giorno, perchè si veniva a casa per il pranzo. Nel ritornare del pomeriggio non c’era fretta e allora spesso ci si fermava per una sfida alle biglie. Ruotando il tacco si faceva una piccola buca – magari nel bel mezzo della strada che non era asfaltata e non presentava alcun pericolo perchè le macchine erano rare come le mosche bianche – e via … si giocava. Vinceva chi riusciva a far entrare per primo la sua biglia nella buca. Ognuno aveva nella cartella un sacchetto di biglie che, ogni giorno, poteva aumentare di volume o diminuire perchè chi vinceva requisiva le biglie dei compagni.
Uno sguardo alle piante che crescevano lungo la strada per cercare la presenza di eventuali nidi, non mancava mai.
Nei mesi di ottobre e di maggio c’era un solo turno giornaliero, più lungo, e allora si faceva l’intervallo; si consumava velocemente il cibo portato da casa e poi via, a giocare nel cortile, separato dal prato vicino da un muretto su cui c’era una rete metallica. Il muretto serviva anche come base per alcuni giochi, ma, a volte, ci permetteva di piluccare qualche acino di uva “mericana” che cresceva al di là della rete; a ottobre era proprio ben matura!
Questo diverso orario permetteva a noi bambini di avere il pomeriggio libero e di renderci utili in famiglia nei lavori dei campi.
Ed eccomi ad osservare i visi dei miei compagni; quasi tutti sorridenti, schierati davanti al muretto, all’inizio della strada che portava verso San Defendente, forse per sfruttare lo sfondo, con case e piante in fiore.
Al centro il maestro Cesare Groppi; alla sua sinistra Celestina, Angioletta, Annamaria, Marilita; alla sua destra Brunella, Eugenia, Beppe e poi ci sono io. Davanti a me, seduto in prima fila, Gianpiero e poi Silvio, Barbara, Mariangela, Rita, Nives, Livia, Elisio e Mario.
Quel giorno mancava Maria Giulia.
Una curiosità: quasi metà classe aveva un anno in più, quindi aveva rifatto una classe. Era sicuramente una “moda” di quegli anni!
Una rarità: il maestro!
Per tanti anni il personale insegnante di Cervasca era stato formato da maestre del paese, ma l’anno precedente la maestra Bagnis era andata in pensione e il suo posto era stato occupato da un maestro. Era un bravo maestro, ci faceva fare tante nuove esperienze.
Come quella volta che era arrivato a scuola – veniva in bicicletta arrivando dall’attuale Via Martiri – con un paio di sci. Normalmente la sua bici trasportava due borse; in una c’era il pranzo e nell’altra il materiale scolastico.
Ma quel giorno, legato alla barra, c’era un paio di sci. Eravamo molto curiosi; confabulando tra di noi ci chiedevamo a che cosa potessero servire.
Grande era stata la nostra gioia quando ci aveva portati sulla collina verso il “casin” e poi, uno per volta, ci aveva fatto provare l’emozione di una discesa sugli sci, scendendo abbracciati a lui, con i nostri piedi posizionati dietro ai suoi. C’era che si teneva appena, ma i più paurosi si aggrappavano a lui come l’edera alla pianta che la sostiene!
La neve era tanta e mentre aspettavamo il nostro turno, io e Nives avevamo costruito un metro cubo di neve. E sopra avevamo posizionato un bel pupazzo!
Esperienze che non ho dimenticato.
Come quella del “musichiere”, per farci imparare i nomi delle città, utilizzando delle canzoni, sotto forma di gara giocosa.
Ci aveva anche accompagnati in visita alla scuola dei Boschi; i bambini avevano preparato per noi un teatrino con le marionette, che muovevano stando dietro alla lavagna.
Bei ricordi!
Un’unica amarezza: oggi, di quel gruppo purtroppo mancano sei persone ed alcune ci hanno lasciati già da tanti anni.
Renato Ghibaudo