Piccolo gruppo riunito attorno ad un “semitoun”, pronto per suonare. È una foto scattata il giorno del matrimonio di mamma e papà, il 19 agosto del 1933.

Sono ripresi, in posizione sparsa, due fratelli di mamma, due fratelli di papà e nonna Laide, la matriarca dei Renaudo.

Può voler dire che le due parentele stiano già fraternizzando? Penso proprio di sì, ma forse tra di loro esiste anche un altro legame, la passione per la musica, passione che riesce perfino a strappare – cosa rara nelle foto “ufficiali” –  un mezzo sorriso a nonna Laide e a barba Michel, il personaggio più spontaneo di tutto il gruppo.

Questa era proprio la sua caratteristica; me lo ricordo sempre di buon umore e positivo per tutta la sua lunga vita. Quindi in questa occasione dove sta? Proprio vicino al suonatore perchè non vuole perdersi niente del bello che la vita gli può offrire.

Anche quando erano arrivati gli inevitabili acciacchi della vecchiaia, barba Michel o meglio Marench, come veniva chiamato da tutti, sembrava non dar loro peso, sempre orgoglioso di quello che riusciva  ancora a fare.

Ma perchè lo chiamavano Marench? In quegli anni, un gioco molto praticato dai ragazzi, ma anche dagli adulti, era il pallone elastico, “ël balon a pugn”. Si giocava dappertutto, bastava un muro alto per far rimbalzare la palla; andava molto bene il muro della chiesa, sul lato di Via Roma, dove c’era uno slargo che veniva utilizzato dai giocatori e probabilmente erano le rare macchine a fermarsi quando c’era una partita in corso!

Il campione più famoso di quel tempo si chiamava Marench – sicuramente la piemontesizzazione del cognome Marengo – e visto che barba Michel era bravo in quel gioco, era stato ribattezzato “Marench”, come il campione. Così chiamato per tutta la sua vita e ancora adesso tanti cervaschesi chiamano “Marench” il figlio Enzo.

L’atteggiamento di nonna Laide è invece, per me, una sorpresa. Io non l’ho conosciuta perchè è mancata quando io avevo pochi mesi e di lei ho solo qualche immagine fotografica, dove appare sempre seriosa, ma qui lascia trasparire un “quasi sorriso” e il fatto che sia l’unica donna in un gruppo maschile ci fa capire che il piacere della musica le ha fatto trasgredire regole non scritte, ma ben praticate.

Si rivela una sorpresa anche barba Pierin che tiene tra le mani il semitoun, pronto a suonarlo, perchè non l’ho mai sentito suonare e neanche ho mai saputo che sapesse suonare!

Forse una passione giovanile! È un giovanotto di soli 18 anni, appartiene a una famiglia benestante, può permettersi di essere elegante, con una certa ricercatezza – le scarpe chiare, come il vestito, mentre tutti sfoggiano vestiti scuri – , la macchina fotografica, una rarità per quegli anni, comprata proprio per il matrimonio della sorella e magari anche qualche passione che poi si perde con il passare degli anni.

Me lo ricordo nella maturità: simpatico ed allegro compagnone.

Sulla destra barba Iucio; abitavamo vicino; era stroverso, con tanta voglia di parlare, curioso delle novità ed orgoglioso. Qui ha una posa “fotografica”, dove appare elegante nel vestito scuro, con tanto di gilé sulla camicia bianca, con il cappello nuovo messo in evidenza, la sigaretta tra le dita; accanto alla mamma, ma senza esagerare!

Sulla sinistra, barba Batista, tranquillo e pacioso, con le maniche della camicia rimboccate per il caldo, accanto all’amico Marench; hanno la stessa età ed hanno fatto il soldato nella stessa caserma, “naja” immortalata da tante foto, che li ritraggono sempre insieme.

Due veri amiconi! E pensare che, piccolini di statura, non avrebbero dovuto fare il soldato, ma, siccome anche il re era piccolo, era stata abbassata l’altezza richiesta ed anche a loro era toccato il servizio militare!

L’ambientazione è molto realista, non certamente curata.

Barba Pierin è seduto con noncuranza su un grosso ceppo, che serviva per spaccare la legna; infatti di fianco ci sono dei tronchi, pronti per essere segati.

Sull’altro lato la panca dei fiori. I vasi, come era normale allora, sono vecchi secchi di legno o di metallo, ormai inservibili per il loro uso, ma assai utili per far crescere qualche fiore o una piantina di rosmarino. Era il tempo in cui non si sprecava proprio niente.

Le immagini, se osservata con attenzione, ci “raccontano” i personaggi, ci aiutano a conoscerli meglio; sembra quasi di poter stare in loro compagnia.

Lucia Renaudo