Era pienissima la sala polivalente, lunedì sera, per la celebrazione del Giorno della memoria sul tema “Ricordare Mauthausen”. Un numero compreso tra i 110 e i 120 partecipanti di ogni età, ragazzi, giovani, adulti, anziani hanno seguito con profonda attenzione gli interventi e le musiche proposte.

La serata è introdotta dalla presidente di Vivere Cervasca odv, che ha spiegato le ragioni della serata e il tema scelto, che richiama un’esperienza significativa della scuola media di Cervasca negli anni 2009/10/11 e coinvolge persone a noi molto vicine, come quelle che intervengono nel corso della serata. Sottolinea l’attualità dell’iniziativa, in un momento storico in cui sembrano riaffiorare segni e linguaggi che ricordano il passato.

Seguono gli interventi del sindaco, che racconta delle esperienze che ogni anno vive con le scuole medie ed esprime la fiducia che la memoria di questi fatti non abbia mai a perdersi. Interviene poi il capogruppo degli Alpini di Cervasca, con il cappello orgogliosamente indossato, che motiva la disponibilità a promuovere l’incontro, in coerenza con le azioni e le scelte del gruppo.

La serata scorre veloce tra parole e musica. Roberto Fresia suona la tastiera e l’organetto, Giulia Battistino suona il flauto e canta. Le musiche sono “da brivido” dice una giovane donna: alcune sono canzoni famose (Gocce di memoria, Auschwitz, Imagine); altri cinque sono brani della tradizione ebraica, cantati (Dona dona e Gam Gam) o suonati. Proposte con sensibilità e bravura particolari, aiutano la riflessione ed emozionano i presenti.

I primi interventi sono quelli di due giovani di 26 anni. Ne avevano 13 quando si recarono in viaggio d’istruzione in Austria e visitarono il campo di concentramento di Mauthausen.

Matteo Bramardi ricorda la nebbia in cui gli apparve il campo recintato da muri spessi che gli ricordavano un castello. Poi altri ricordi, ma soprattutto l’invito a superare la nebbia con tre direttrici: assumerci la responsabilità della nostra storia, ricordare i Giusti delle nazioni e quanti hanno fatto del bene, fare memoria contro lo sdoganamento delle ideologie che portarono alla Shoah.

Francesca Ferrero ci riporta nelle emozioni che ha vissuto allora: il silenzio nel campo e tra i ragazzi in visita, il senso di vuoto che la afferrava, gli spazi limitati… ma soprattutto riflette sulle fratture nelle famiglie, sui vissuti delle madri che si vedevano portare via i figli senza poterli riabbracciare e invita tutti a riflettere sulla durezza della distruzione dell’amore e della protezione che la famiglia rappresenta.

Seguono le testimonianze dei nipoti di due deportati droneresi, ricordati anche nelle croci di San Maurizio.

Inizia Lele Viola e ci parla dei suoi due nonni: il dronerese morto a Mauthausen dopo pochi mesi, tipografo a Dronero, che lasciò a casa la moglie e due figli piccoli senza risorse con cui vivere, perché la tipografia era stata incendiata. Lele racconta poi dell’altro nonno, mugnaio a Borgo, che, in accordo con don Viale, forniva farina a molte famiglie di ebrei alloggiate presso gli abitanti della montagna di Borgo e la faceva portare dal figlio.

Lele racconta anche di Don Viale, nominato poi Giusto tra le nazioni, uomo generoso e di grande capacità organizzativa, ma tutto d’un pezzo e con difficoltà ad accettare i cambiamenti della storia.

L’ultimo intervento è quello di Gianni Marchiò, nipote di Magno Marchiò, proprietario di una segheria a Dronero, arrestato e deportato quando aveva ormai 60 anni, morto verso la fine della guerra. A Magno Marchiò e a Cristoforo Coalova sono dedicate due strade a Dronero, appena prima delle Falci.

Gianni racconta poi l’attività che svolge come presidente dell’ANED per la conservazione della memoria, come la partecipazione alle iniziative organizzate dai comuni, la raccolta delle testimonianze dei reduci o l’organizzazione dei viaggi della memoria, che hanno portato i cuneesi sui principali campi di concentramento, ma anche sul Don, a Hiroshima o nei luoghi della prima guerra.

Un sincero grazie a chi ha testimoniato, a chi ha suonato e cantato e ai tanti che hanno partecipato, dando significato ed importanza ad un’esperienza proposta per la prima volta. Grazie!