Giorno della memoria 2022
A casa dei nostri genitori a Vignolo c’è una piccola dispensa; non sappiamo da dove arrivi, né quale cugino/a abbia avuto la pazienza di costruire il complesso albero genealogico in essa contenuto. Si tratta infatti dell’albero genealogico della nostra bisnonna Taibe (o Tovah), la mamma del padre di nostro padre, nonché la moglie di bisnonno Mendel, un nome molto familiare! A quanto pare la famiglia di ebrei polacchi da cui proveniva la bisnonna era zeppa di rabbini e stimati patriarchi dalle origini radicate nella notte dei tempi. Fino ad allora quello che sapevamo era che Mendel e Taibe erano migrati dalla Polonia (Bialystok) in Messico verso la metà degli anni venti del ‘900; infatti nonno Nahum (1921) era nato in Polonia e arrivato a circa 3 anni in Messico, al porto di Veracruz per la precisione.
All’inizio non ci capivamo nulla, famiglie con numerosi figli che si diramavano ai quattro angoli del globo, dall’Australia agli USA, dal Messico al Sudafrica, dall’Inghilterra a Israele, quanti lontani cugini avremo mai sparsi per il mondo? Ma era certo che centrassimo qualcosa con questa ricostruzione familiare?
Poi, continuando a sfogliare, abbiamo trovato una pagina in cui comparivano i nostri nomi, o meglio Mendel era stampato e qualcuno, probabilmente i nostri genitori, avevano aggiunto Samuel, di tre anni più giovane. Abbiamo incominciato a sfogliare la dispensa a ritroso e a ritrovare con piacere nomi noti, oltre naturalmente ai nostri genitori, gli zii, il cugino Teddy e i suoi figli pressappoco nostri coetanei. Abbiamo finalmente capito che Cyrel, la simpatica cugina dell’Oregon, che ci ha visitato pochi anni fa, (come avevano fatto i suoi genitori quando noi due eravamo ragazzini) non è altro che la nipote di una delle tante sorelle di nonna Taibe; e sì, Nonna Taibe aveva un esercito di sorelle e fratelli: erano 10! Qualche famiglia abbiamo visto che, migrando, ha cambiato nome, abbandonando i complicati cognomi polacchi a favore di un più semplice e beneaugurante Newman. A ogni sorella l’opuscolo dedica una pagina con i nomi del marito, dei figli, dei nipoti, e a volte una pagina non basta. I luoghi sono Los Angeles, Sidney, Londra e via discorrendo.
Poi ci siamo imbattuti in 2 sorelle, Dina ed Esther, che invece avevano solo il nome del marito, due o tre figli e la sigla D.H. Un sinistro presentimento ci ha attraversato la mente e la nota a fondo pagina ha confermato l’angosciosa intuizione: D.H. = Died Holocaust (morti nell’Olocausto). In particolare il poco spazio dedicato a Esther si conclude con ALL DIED HOLOCAUST. (Tutti morti nell’olocausto)
Siamo rimasti impietriti: quale linea sottilissima separa un’esistenza tranquilla da una morte in un campo di sterminio nazista? Com’è stato possibile che i membri della famiglia che, per ragioni ignote, hanno deciso di diventare migranti, abbiano poi avuto esistenze più o meno “normali”, mentre coloro che hanno scelto di restare in patria, in Polonia, abbiano subito un destino tremendo e insensato? E’ stato come se la storia, che fino ad allora se n’era stata tranquilla, relegata nei libri e nei film, entrasse in casa di prepotenza e ci assestasse un bel pugno nello stomaco.
Quando e come i nazisti li hanno presi e incamminati verso le camere a gas? In quale campo di sterminio? Separati o tutti assieme? Che età avevano? Quali orrori hanno visto e hanno subito?
Non lo sappiamo e dubitiamo che lo sapremo ma. Di loro rimane solo quell’orrida sigla D.H.
Gennaio 2022
Mendel e Samuel Myslabodski